Cosa vuol dire essere intolleranti al lattosio: cos'è, sintomi e cibi da evitare
COSA E’ L’INTOLLERANZA AL LATTOSIO
L’intolleranza al lattosio si verifica in caso di deficienza dell’enzima lattasi, si manifesta cioè quando viene a mancare parzialmente o totalmente l’enzima in grado di scindere il lattosio (definita anche ipolattasia), il principale zucchero del latte (latte di mucca, di capra, di asina oltre che latte materno) presente anche in altri prodotti caseari o derivati del latte. Quasi la maggioranza degli zuccheri presenti nel latte (il 98%) infatti è costituita dal lattosio.
Dopo essere stato assunto con la dieta, il lattosio viene idrolizzato a livello del duodeno dalla lattasi (una beta-galattosidasi), presente sulle cellule della mucosa intestinale assorbente (gli enterociti della sommità dei villi intestinali), la cui funzione consiste nello scindere il lattosio nei suoi due zuccheri semplici: galattosio e glucosio, il primo è essenziale per la formazione delle strutture nervose nel bambino, il secondo rappresenta il substrato energetico primario dell’organismo.
In caso di carenza o mancanza totale di questo enzima, il lattosio non viene digerito e rimane nel lume intestinale (in particolare nell’intestino crasso) dove viene fermentato dalla flora batterica intestinale con conseguente richiamo di acqua e produzione per processo di fermentazione di gas (idrogeno, metano, anidride carbonica) e acidi grassi a catena corta.
La lattasi compare già alla 23ma settimana di gestazione e la sua attività aumenta nel corso della gestazione fino a raggiungere il massimo alla nascita; resta massima per tutto il periodo in cui l’allattamento costituisce il nutrimento esclusivo del bambino. Dopo lo svezzamento inizia a decrescere con una riduzione progressiva geneticamente programmata, ma estremamente variabili da individuo a individuo, in età adulta.
QUALI SONO I SINTOMI
Il quadro clinico che ne deriva è caratterizzato da dolori addominali di tipo crampiforme, meteorismo, distensione addominale, digestione lenta, stanchezza, pesantezza di stomaco, senso di gonfiore gastrico e diarrea, con feci poltacee, acquose, acide (ma in alcuni casi ci può essere anche stipsi) che insorgono da 1-2 ore a poche ore dopo l’ingestione di alimenti che contengono lattosio. Tuttavia tali sintomi non sono specifici: altri disordini, come la ipersensibilità alle proteine del latte, reazioni allergiche ad altri cibi o intolleranze ad altri glicidi possono causare sintomi simili.
Sintomi più comuni:
- Dolori addominali
- Stitichezza
- Nausea
- Mal di testa
- Gonfiore addominale
- Diarrea
- Stanchezza
- Eruzioni cutanee
- Meteorismo
- Flatulenza
La sintomatologia è differente da paziente a paziente, con manifestazioni di diversa entità ed importanza, a seconda del grado di carenza di produzione dell’enzima lattasi.
Inoltre l’insorgenza della sintomatologia è anche dipendente dal cibo associato, in quanto è legata alla velocità di svuotamento gastrico: se il lattosio si sposta rapidamente dallo stomaco ad un intestino con bassa attività lattasica, i sintomi saranno più evidenti. Quindi se il lattosio viene ingerito insieme a carboidrati (specie i carboidrati semplici), che aumentano la velocità di svuotamento gastrico, i sintomi sono più probabili o più intensi, mentre se viene ingerito insieme a grassi, che riducono la velocità di svuotamento gastrico, i sintomi possono essere molto ridotti o addirittura assenti.
L’intolleranza al lattosio, frequente in Italia e generalmente ereditaria, è presente in più della metà della popolazione mondiale, tuttavia varia in base all’etnia. Circa il 50% della popolazione italiana ne è affetta, anche se non tutti i pazienti manifestano sintomi.
FORME DI INTOLLERANZA AL LATTOSIO
Esistono tre forme: congenita, genetica e acquisita.
La forma genetica (detta anche forma primaria) è generata dal deficit di produzione della lattasi. Si può manifestare nel bambino con lo svezzamento (a circa 2 anni di età) oppure più tardivamente nell’adulto dovuta alla riduzione progressiva della produzione della lattasi.
La forma acquisita (detta anche forma secondaria) è invece secondaria ad altre patologie, acute (infiammazioni e infezioni dell’intestino come salmonellosi, colera, enteriti acute) o croniche intestinali (celiachia, morbo di Crohn, linfomi, enteriti attiniche, sindrome dell’intestino irritabile). Si tratta di una forma transitoria che si risolve nel momento in cui si ha la guarigione della malattia responsabile. Anche trattamenti antibiotici, chemioterapici o con radiazioni ionizzanti possono determinare ipolattasia, come conseguenza della loro tossicità sulla mucosa intestinale o di un’azione di inibizione diretta dell’attività lattasica.
C’è poi da segnalare una terza forma molto rara, di origine genetica a insorgenza precoce (si manifesta sin dalla nascita, per questo è detta forma congenita) con un’incapacità permanente di produrre la lattasi funzionale. Questa forma primaria congenita è dovuta a mutazioni non senso a carico del gene che codifica l’enzima lattasi, quindi una totale assenza di lattasi sin dalla nascita (il neonato sviluppa diarrea non appena nutrito con latte materno o formulato) e persiste tutta la vita.
LA DIAGNOSI
Fare la diagnosi è importante per escludere dalla dieta in modo totale o parziale, a seconda della gravità, gli alimenti che contengono lattosio, ma addirittura anche alcuni farmaci in cui il lattosio è presente come eccipiente. Si basa su due principali metodiche: H2-Breath Test e Test genetico.
Il H2-Breath Test è un test non invasivo, ma può dare origine a falsi negativi se il paziente ha subito trattamenti antibiotici, o presenta disturbi gastrici, oppure dovuti ad alterazioni della flora intestinale capace di produrre idrogeno (10-15% dei casi). Un test positivo accerta la presenza di malassorbimento del lattosio, ma non discrimina se si tratti di una forma primaria dovuta a un deficit genetico di lattasi, o secondaria dovuta ad un’alterazione dell’integrità della parete intestinale conseguente a stati patologici.
Il H2-Breath Test ha buona sensibilità (circa 77,5%) ed una ottima specificità (circa 97,6%).
Il Test Genetico che analizza il polimorfismo C/T-13910 permette di definire la predisposizione all’intolleranza al lattosio studiando la composizione genetica, individuando quindi i soggetti che potrebbero manifestare un deficit enzimatico. Ciò consente di definire un comportamento alimentare e uno stile di vita adeguato e personalizzato nell’ottica di una medicina curativa e anche preventiva.
Il test genetico prevede l’impiego di un tampone buccale per il prelievo della mucosa orale (dalla parete interna della guancia) a partire dal 6° mese dopo la nascita. Il test permette di discriminare chi ha entrambe le copie sane del gene (T/T), chi ne ha solo una sana (T/C) e chi le ha entrambe mutate (C/C).
Il test genetico manifesta un’elevata sensibilità (97%) e specificità (95%). Essendo un test semplice e non invasivo, è di facile esecuzione anche nel bambino, in cui il Breath test è difficile effettuarlo.
Un test positivo permette di discriminare se si tratta di una forma primaria o secondaria di intolleranza al lattosio. E’ stato scientificamente dimostrato che in età adulta l’esito del Breath test e del test genetico coincide, quindi si può considerare il test genetico diagnostico quando effettuato in persone con sintomi riconducibili a intolleranza al lattosio.
LA TERAPIA
L’unica terapia è l’esclusione dalla dieta degli alimenti contenenti lattosio per un periodo di almeno 3-6 mesi, per permettere la remissione completa di tutti i sintomi e la ripresa della normale funzionalità intestinale (in caso con verifica mediante H2 Breath test di controllo). Dopo tale periodo si reintroduce nella dieta bassi quantitativi di lattosio per poi accrescerli e valutare la reazione, questo in caso di intolleranza al lattosio secondaria. Se intolleranti in forma primaria, quindi genetica, gli alimenti contenenti lattosio devono esclusi dalla dieta in modo permanente.
Dal momento che il lattosio viene spesso utilizzato dall’industria alimentare come conservante e addensante, bisognerà leggere attentamente sempre la composizione degli alimenti sopratutto se in scatola e surgelati, per evitare l’introduzione accidentale di quote di lattosio.
Anche molti farmaci (il lattosio è utilizzato in più del 20% dei farmaci che richiedono ricetta medica e in circa il 6% dei farmaci da banco) ed integratori alimentari contengono lattosio come eccipiente, compresi i granuli omeopatici.
Esistono in commercio diversi integratori di lattasi, che non sono curativi ma vanno solamente assunti poco prima dei pasti in cui si sospetta possa essere presente lattosio, introducendo così l’enzima mancante per neutralizzare o ridurre i sintomi (proporzionalmente ai quantitativi presunti).
Oggi esistono in commercio Latti privi di lattosio (delattosati), perché trattati dall’industria alimentare o perché arricchiti di Lactobacillus acidophilus, un batterio che digerisce il lattosio.
Esiste un lungo elenco di Formaggi, per lo più stagionati (OLTRE 30 MESI), dove la presenza del lattosio in se e per sé e quasi del tutto se non addirittura completamente assente, come pecorino, parmigiano, provolone, grana e altri formaggi stagionati. Durante la stagionatura il lattosio viene fermentato dai batteri lattici utilizzati per la preparazione del formaggio e trasformato in acido lattico.
Non sono invece permessi formaggi freschi quali mozzarella, certosa, generalmente i formaggi molli dove il contenuto in lattosio è notevole.
Rinunciare indiscriminatamente a tutti i formaggi è sbagliato, potrebbe portare ad un carenza di calcio nella dieta, con i rischi la cui insufficiente quantità nel sangue comporta.
ALIMENTI DA ESCLUDERE
Latte di pecora, capra, asina, bufala, vaccino
Formaggi freschi
Burro
Besciamella e altre salse fatte con panna o latte e derivati
Pane al latte, grissini, crackers, fette biscottate con latte e/o derivati
Piatti di carne con aggiunta di panna o latte e derivati
Insaccati
Purea di patate
Biscotti con latte o burro, e derivati
Cioccolato al latte o parzialmente fondente
Creme di pasticceria
Torte o dolci in genere
Gelati
ALIMENTI A RISCHIO: Leggere sempre bene prima l’etichetta
Hamburger, polpette
Salumi
Cereali per la colazione
Caramelle
Margarine
Ragù in scatola
Polenta
Ripieni di alimenti surgelati
Pasta ripiena
Gnocchi di patate
Salse in scatola
Dado da brodo
Frutta in scatola o surgelata
Cioccolato in polvere o solubile
Liquori dolci
Caffè solubile
Caffè al ginseng
ALIMENTI PERMESSI
Latte vaccino, di pecora o capra, privo di lattosio (delattosato)
Yogurt delattosato (senza aggiunte di creme di latte o altre lavorazioni)
Prodotti lattiero-caseari senza lattosio (delattosati)
Latte e derivati di origine vegetale (es soia, mandorla ecc)
Budini e gelati di soia
Parmigiano reggiano- Grana Padano-Emmenthal- Groviera
Fette biscottate senza latte e derivati
Prosciutto crudo
Salumi ed insaccati senza lattosio
Carni bianche, pollo, coniglio, tacchino
Maiale, cavallo, manzo
Pesce fresco
Frutta e verdura fresca
Tofu
INTOLLERANZA AL LATTOSIO E CARENZA DI CALCIO
Le persone con deficit di lattasi evitano latte e latticini, con conseguente possibile carenza di calcio. I formaggi a pasta extra-dura, come il parmigiano reggiano e il Grana Padano, e quelli a pasta dura, come emmenthal e groviera, contengono tracce di lattosio, se non proprio non lo contengono. Nei formaggi stagionati il contenuto di lattosio diminuisce col progredire della stagionatura perciò essere assunti, assicurando un apporto adeguato di calcio. Spinaci, radicchio, invidia, cavoli, broccoli, carciofi, fagioli, mandorle, nocciole, semi di sesamo, latte di soia fortificato e succhi di frutta al 100 per cento integrati con calcio sono buone fonti di calcio.
Leggere sempre bene le etichette di ogni prodotto alimentare che ci si accinge a comprare perché spesso non solo si utilizza il latte, ma il lattosio può essere comunque presente nei diversi ingredienti come additivo.
FONTE: http://www.associazioneaili.it